CRITICITA' DEL LAGO

Gli stupendi panorami offerti dal lago di Bolsena (un tempo definito “un lago da bere”), il colore azzurro delle sue acque, l’esistenza di tratti costieri che appaiono ancora integri e non contaminati dalla presenza umana non debbono indurre a trascurare la continua necessità di salvaguardia di un ecosistema così fragile.

Nel corso degli ultimi decenni, indagini scientifiche ambientali, condotte dall'Associazione Lago di Bolsena in collaborazione con svariati enti di ricerca, hanno messo in luce tutte quelle criticità che possono determinare il degrado dell’ambiente acquatico del lago che, manifestandosi soprattutto nelle sue zone più profonde, non suscita preoccupazione proprio perché non si vede, ma quando diventa visibile è troppo tardi per porvi rimedio.

Il nostro lago è classificato “area sensibile e vulnerabile” per il suo lento tempo di ricambio teorico, pari a circa 300 anni, che rappresenta il tempo virtuale necessario affinché il fiume Marta possa far defluire tutto il volume d’acqua del bacino. Ciò significa che tutti gli inquinanti che arrivano al lago non hanno via di uscita e ci rimangono per sempre. Malgrado ciò, l’acqua rimane limpida perché le sostanze inquinanti vengono elaborate dalla comunità biologica dell’ecosistema, che le mineralizza e fissa al fondo. Ma questa capacità ha un limite ormai superato.

Le maggiori minacce provengono da dilavamenti agricoli (che trasportano in basso fertilizzanti e pesticidi), scarichi urbani provenienti da perdite del collettore fognario (detto impropriamente “circumlacuale”, dato che manca ancora un tratto di alcuni chilometri), nonché da un diffuso abusivismo (sversamenti di abitazioni ed esercizi turistici non connessi al collettore, ma anche liquami rilasciati da barche). Tali fattori, determinando un eccessivo apporto di nutrienti (in particolare fosforo e azoto) e di sostanze nocive nelle acque, causano un inquinamento “trofico” (dal greco “trophía” = nutrimento) con conseguente incremento di produzione di alghe e piante acquatiche, impoverimento della qualità della fauna ittica e un generale degrado delle acque.

 

La capacità di autodepurazione dell’ecosistema lacustre dipende prevalentemente dai freddi venti invernali di tramontana, che provvidenzialmente rimescolano e ossigenano le acque del lago, ma ciò non è sufficiente: anche l’uomo deve fare la sua parte.

Garantire la salubrità del magnifico patrimonio di cui disponiamo è possibile se rispettiamo l’ambiente e se si attua una gestione ecocompatibile del bacino, mettendo fine agli sversamenti fognari, vigilando sul corretto smaltimento dei reflui nel tratto di costa sprovvisto del collettore (dove potrebbero essere collocati bacini di fitodepurazione alla foce dei fossi), adottando politiche che favoriscano un'agricoltura biologica estensiva non irrigua, tutelando gli arenili dall'erosione, attuando controlli sull'efficienza dei motori delle imbarcazioni affinché non siano inquinanti, ecc.

Fortunatamente le petizioni popolari e gli allarmi lanciati dall'Associazione Lago di Bolsena sono stati ascoltati dall'Unione Europea, che ha incluso il lago fra i Siti di Interesse Comunitario (SIC) classificandolo, recentemente, come Zona Speciale di Conservazione (ZSC). L’Europa ha stabilito regole chiare alle quali l’Italia deve  conformarsi, per non correre il rischio di essere penalizzata a causa di imbarazzanti infrazioni ambientali.

 

Negli ultimi anni una ulteriore minaccia al lago di Bolsena è rappresentata dal rischio della creazione di impianti geotermici per la produzione di energia elettrica. Il nostro territorio non è adatto a questo tipo di sfruttamento industriale: oltre al rischio sismico (terremoti indotti e innescati), vi è il serio pericolo di contaminazione della falda acquifera con sostanze cancerogene.